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@ -120,3 +120,88 @@ Another point of contention was the political horizon that wanted to push for th
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# Versione in ITALIANO: Svenimenti e iniezioni
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**La nocività**
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Questa sezione raccoglie documenti, frammenti e approfondimenti sui crescenti livelli di nocività provocati dalla rapida industrializzazione degli anni '60 e '70 e sulle lotte per difendere la salute dei lavoratori e le condizioni ambientali.
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**La storia da cui partiamo: Svenimenti e iniezioni**
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A metà degli anni '60, con l'introduzione dell'MTM su tutta la linea di produzione, la salute delle Leboline (nome informale usato da e per le lavoratrici della Lebole) iniziò a peggiorare. Cominciarono a diffondersi svenimenti, anche di massa, esaurimenti nervosi, problemi digestivi e depressione. Una delle lavoratrici raccontò che non riusciva a smettere di pensare agli stessi movimenti che doveva ripetere tutto il giorno, anche quando era a casa o nel sonno. Un'altra decise di porre fine alla propria vita, avviandosi sotto un treno durante una pausa. Nel tentativo di limitare le assenze per malattia, i medici dell'azienda prescrivevano spesso iniezioni, in genere a base di bromo, calcio e magnesio, con effetti sedativi e tonici.
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Mentre le lotte dei lavoratori e gli sforzi di sindacalizzazione diventavano sempre più forti in tutto il Paese, anche le Leboline iniziarono a organizzarsi contro le condizioni di sfruttamento che impattavano le loro vite…
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**Lotte per la sanità nell'Italia degli anni '60 e '70**
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L'Italia è stato il secondo Paese dell'Europa capitalista occidentale (dopo il Regno Unito, 1948) a ottenere il diritto a un sistema sanitario pubblico nel 1978. Ad oggi, il sistema sanitario nazionale italiano rimane una strana storia di successo, nonostante le numerose controriforme cui è stato sottoposto. Come ha notato Chiara Giorgi,
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> Secondo i dati OCSE del 2017, l'aspettativa di vita alla nascita in Italia è di 83,1 anni, contro gli 80,9 anni della media dell'Unione Europea: ma la spesa sanitaria totale per abitante è di 2.483 euro, contro i 2.884 della media UE (un gap del 15%). È un paradosso che merita di essere approfondito il fatto che il Paese europeo con l'aspettativa di vita più lunga abbia raggiunto questo risultato con una spesa ridotta.
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[Chiara Giorgi, Rediscovering the roots of public health services. Lessons from Italy, OpenDemocracy, 24 March 2020](https://www.opendemocracy.net/en/can-europe-make-it/rediscovering-roots-public-health-services-lessons-italy/)
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Tuttavia, negli anni '60 le condizioni sanitarie nazionali erano disastrose. L'Italia aveva una media di un morto sul lavoro all'ora e di un infortunio al minuto (. In confronto, oggi ci sono 3 morti al giorno e 800.000 infortuni all'anno).
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Quindi, mentre il Paese era in fase di industrializzazione massiccia, l'idea di una "guerra di classe" fu davvero una realtà di cui i lavoratori potevano essere testimoni ogni giorno. E questi erano solo numeri legati alle morti dirette sul lavoro, senza considerare gli effetti indiretti del degrado ambientale e delle condizioni croniche che iniziavano a manifestarsi in quel periodo.
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**Nocività al lavoro e del lavoro**
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Per affrontare questo situazione, i movimenti politici iniziarono a concentrarsi sul termine chiave "nocività". La scelta di questo concetto è cruciale: le lotte per la salute (definita nel capitalismo come fitness o capacità di essere abile al lavoro) nacquero dalla messa a fuoco politica del suo opposto – che questi movimenti rifiutarono di identificarono con la limitata idea di malattia.
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La nocività invece descrive la proprietà di danneggiare un processo vivente e di provocare patologie, sia ad un singolo organismo che ad un intero ecosistema. Un processo o una sostanza nociva può avere effetti dannosi temporanei o permanenti sulla salute; può muoversi velocemente o diventare cronico; può causare la morte o “semplicemente” avere un impatto negativo sulla capacità degli esseri viventi di riprodursi e prosperare.
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Quindi, concentrandosi sulla nocività - che è un processo complesso e non una condizione del corpo individuale, come lo è la malattia - questi movimenti aprono il problema della salute in modo strategico. Collegarono il benessere dei lavoratori, che erano esposti alla tossicità sul lavoro, con quello delle loro condizioni di vita nei quartieri popolari, che erano indigenti e inquinati, con le condizioni del lavoro domestico e con il più ampio impatto della produzione capitalista sull'ambiente.
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**L'Ambiente di lavoro**
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*L'Ambiente di lavoro* è il titolo di un opuscolo sindacale pubblicato per la prima volta nel 1967. É uno strumento di analisi dei rischi prodotto dal sindacato FIOM_CGIL.
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Questo libretto fu il primo tentativo da parte del sindacato di produrre una linea politica coerente rispetto ai rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e di cambiare la mentalità prevalente dei lavoratori che in genere chiedevano solo che i lavori più tossici venissero remunerati con qualche soldo in più . *L'Ambiente di lavoro* ha anche inaugurato l'idea della 'non delega', cioè che in materia di salute debbano essere sempre i lavoratori impattati a decidere, senza alcun intermediario.
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*L'Ambiente di lavoro* è stato uno strumento prezioso per attivisti e lavoratori per iniziare a ricercare e comprendere i rischi a cui il loro lavoro li avrebbe esposti. L'opuscolo si concentrava proprio sulla nocività, che suddivise in 4 gruppi di fattori:
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- CONDIZIONI AMBIENTALI: rumore, temperatura, luce, ventilazione, umidità…
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- ELEMENTI SPECIFICI DELLA PRODUZIONE: gas, polveri, fumi, esalazioni, esposizione a sostanze chimiche...
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- FATTORI FISICI: sforzo, affaticamento muscolare, mancanza di riposo e sonno sufficienti, ritmi eccessivi, ecc…
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- CARICO MENTALE: da un lato noia e monotonia , dall'altro stress, ansia, iperstimolazione, a cui si aggiungeva la violenza psicologica legata a pratiche manageriali di umiliazione.
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*L'Ambiente di lavoro* è stato tradotto dai sindacati in 7 paesi diversi ed è diventato anche la base per centinaia di richieste di lavoratori in tutta Italia.
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**Contro la Nocività**
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Un altro documento chiave per comprendere l'intreccio tra le politiche per il lavoro, la salute e l'ambiente dell'epoca è stato *Contro la nocività*, un comunicato redatto nel 1971 dal Comitato Politico degli Operai di Porto Marghera, collettivo militante di cui facevano parte noti pensatori dell’autonomia, come Maria Rosa Dalla Costa e Toni Negri. (Le attività di questo gruppo e il contesto di Porto Marghera, sede di uno stabilimento petrolchimico, sono state al centro di alcune recenti ricerche di Lorenzo Feltrin e Devi Sacchetto, che hanno reso disponibile parte di questa storia anche in lingua inglese.)
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Ciò che rende Contro la nocività un documento importante per le nostre riflessioni sulla situazione contemporanea è il modo in cui mise in atto un altro intervento chiave nella politica della salute, postulando che le condizioni salutari non potranno mai essere realizzate all'interno di rapporti di produzione capitalisti intrinsecamente tossici e ingiusti. Il documento si apre con le parole:
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> È necessario distinguere subito tra una forma di nocività come viene tradizionalmente intesa, legata all'ambiente di lavoro (sostanze tossiche, fumi, polveri, rumori, ecc.) da quella più ampiamente legata all'organizzazione capitalistica del lavoro.
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E il documento prosegue con le seguenti analisi e richieste:
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> Porre correttamente il tema della nocività oggi [...] significa in ultima analisi porre la questione del potere nella sua articolazione. L'unico modo non retorico di porre e risolvere questo problema è quello di porlo sul terreno organizzativo. Diciamo infatti che la nocività va contrastata in quanto nocività "del lavoro": e quindi [chiediamo] una riduzione dell'orario di lavoro per tutti e non solo per i reparti "tossici", un aumento dei salari, l'uguaglianza normativa, la gratuità dei trasporti…
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da: Comitato Politico degli Operai di Porto Marghera, 28 febbraio 1971. Il documento venne presentato per la prima volta al Congresso dei lavoratori del Veneto, Cinema Marconi, Mestre.
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In questo documento, quindi, si nota il salto dal problema della nocività del lavoro a quello della nocività del lavoro sotto il capitalismo. Il gruppo ha quindi spinto per una strategia radicale di rifiuto del lavoro, poiché sotto il capitalismo il lavoro è destinato a rimanere intrinsecamente tossico. Nelle sue riflessioni, il gruppo di Porto Marghera ha anche rifiutato le tecnologie capitaliste in quanto dannose per la salute e ha rivendicato il diritto di determinare collettivamente non solo le condizioni in cui si lavora, ma anche gli obiettivi stessi della produzione, che dovrebbe essere giustificata dai suoi benefici per la società (e non dal profitto) e condotta in modo da non danneggiare l'ambiente.
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In questo senso, il gruppo criticava anche gli sforzi dei sindacati e del Partito Comunista per promuovere il sistema sanitario pubblico e la partecipazione dei consigli dei lavoratori alla determinazione delle condizioni di salute e sicurezza, poiché vedeva queste misure come troppo facilmente cooptabili in un debole riformismo.
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Si vedano anche:
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**Contro il riformismo sanitario**
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Nel contesto di tali dibattiti sulla nocività, si sviluppò una critica pregnante anche tra alcuni collettivi politici di studenti di medicina vicini alle posizioni del marxismo autonomo, che individuarono una debolezza fondamentale nel modo in cui i principali sindacati stavano utilizzando le nuove conoscenze sugli ambienti di lavoro nocivi, provenienti dalle inchieste dei lavoratori, per attuare una politica riformista di compromesso. Come riassunto in un pamphlet, il timore era che i sindacati finissero per essere complici di un "possibile uso capitalistico della prevenzione" senza essere in grado di "immaginare la probabile funzionalità del 'riformismo sanitario' per l'attuale fase di sviluppo capitalistico come operazione di controllo, di manutenzione, di miglioramento, di recupero della produttività della forza lavoro - in modo che il 'diritto alla salute e alla sicurezza' sia solo una precondizione indispensabile per il 'diritto all'espulsione'".
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Un altro punto di contestazione fu l'orizzonte politico che voleva spingere per il controllo diretto dei lavoratori sui livelli di rischio accettabili in ogni processo produttivo. Questa proposta, sostenevano i critici, mancava di onestà intellettuale, nella misura in cui era la totalità dell'attuale "modo di produzione" il fattore responsabile dei nefasti sviluppi tecnologici e industriali di quegli anni. Pertanto,sostenevano che "la migliore prevenzione è la lotta di classe", del tipo che mira a rimuovere le cause alla base dell'organizzazione capitalistica dello sfruttamento.
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