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@ -6,6 +6,8 @@ aliases = ["/zine"]
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# Maddening Rhythms: Healthcare struggles at the intersection of technology, environment and refusal of work
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*(Versione in italiano sotto)*
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# About Maddening Rhythms Zine
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@ -14,6 +16,8 @@ Maddening Rhythms is the name we gave to the experimental publication you are ho
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The zine comes complete with its own library of resources, some of which are documents taken from the Luigi Firrao archive at Fondazione ISEC, which we are making available here for the first time in digital form. In its digital version, Maddening Rhythms runs on Sandpoints, a still-in-development digital platform for collective writing, learning, and experimental publishing. This free software tool allows readers to easily copy onto a USB drive a single folder that contains the whole website, alongside a PDF library of all included references, and to read it offline in a browser or move it to another server. Furthermore, in situations that call for paper, it is possible to automatically export the publication into a PDF that is ready for on-demand print. The use of Sandpoints is a small step in embedding our work in a more susteinable technopolitical infrastructure, specifically relevant here perhaps, as we are critically discussing the evolution of exploitation via technologically-driven processes.
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# Structure of the zine
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Maddening Rhythms is organized in 5 sections, each centering on one aspect of the experience of the Lebole workers and using it to introduce a broader reflection on their struggles at the intersection of health, environment and refusal of work and gender stereotypes.
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@ -68,6 +72,69 @@ Maddalena Fragnito and Valeria Graziano collaborated for the first time on the r
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# Versione in ITALIANO: Ritmi da Pazzia
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**Ritmi da pazzia. Lotte per la salute tra tecnologia, ambiente e rifiuto del lavoro**
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**Informazioni su questo zine**
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Ritmi da Pazzia è il nome che abbiamo dato alla pubblicazione sperimentale che state tenendo tra le mani o leggendo sul vostro schermo. Si tratta di una zine in continua evoluzione, che accompagna la nostra ricerca esplorando i legami tra le lotte per la salute, per l’ambiente e contro il lavoro da una prospettiva italiana. Il titolo che abbiamo scelto per questa zine riprende quello di un articolo di giornale degli anni 1970 che denunciava come in fabbrica gli operai siano sottoposti a una costante accelerazione in nome del profitto. Tali ritmi fanno ‘diventare pazzi’ , sia nel senso che fanno infuriare le persone spingendole a organizzarsi per il cambiamento, ma anche perchè impattano negativamente la salute mentale di molti.
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Come vedremo, esaurimento, depressione e psicosi erano esperienze diffuse legate al lavoro a catena. La storia delle lavoratrici di Lebole e della loro resistenza al metodo MTM è diventata per noi un filo rosso per poter navigare le complessità di questi cambiamenti epocali che impattarono la governance, le tecnologie e i metodi di sfruttamento, così come i soggetti, i luoghi e i modi di fare politica.
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La zine è accompagnata da una biblioteca di risorse, alcune delle quali sono documenti tratti dall'archivio Luigi Firrao della Fondazione ISEC, che qui rendiamo disponibili per la prima volta in formato digitale. Nella sua versione online, Ritmi da pazzia gira su Sandpoints, una piattaforma digitale ancora in fase di sviluppo per la scrittura collettiva, l'apprendimento e l'editoria sperimentale. Questo strumento free software permette ai lettori di scaricare facilmente su una chiavetta USB un'unica cartella che contiene l'intero sito web, insieme ai PDF di tutti i riferimenti inclusi nella biblioteca, di leggerlo offline semplicemente aprendolo in un browser, o di spostarlo su un altro server. Inoltre, in situazioni in cui il cartaceo è preferibile, Sandpoints consente di esportare automaticamente la pubblicazione in un PDF impaginato e pronto per la stampa on-demand. L'uso di Sandpoints è un piccolo passo per inserire il nostro lavoro in un'infrastruttura tecnopolitica più sostenibile, un piccolo gesto forse particolarmente rilevante in questo caso, dato che stiamo riflettendo criticamente sull'evoluzione dello sfruttamento attraverso processi guidati dalla tecnologia.
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**Struttura**
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Ritmi da pazzia è organizzata in 5 sezioni, ognuna delle quali si concentra su un aspetto dell'esperienza delle lavoratrici della Lebole e lo utilizza per introdurre una riflessione più ampia sulle loro lotte situandole all'incrocio tra salute, ambiente, rifiuto del lavoro e degli stereotipi di genere.
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 documenta la storia delle tecniche manageriali note come "management scientifico" e le circostanze che hanno portato all'introduzione dell'MTM (Methods-Time Measurement) in Italia.
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 raccoglie frammenti che raccontano i crescenti livelli di tossicità provocati dalla rapida industrializzazione degli anni Sessanta e Settanta e le lotte per difendere la salute dei lavoratori e le condizioni ambientali.
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 offre spunti che evidenziano l'importanza di portare una prospettiva di genere nell'analisi dell'intersezione tra automazione dei processi produttivi e la storia delle lotte femminili per l'emancipazione.
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 si concentra sulle molte tecniche di organizzazione innovative e originali che hanno accompagnato l'ascesa delle lotte per la salute negli anni Sessanta e Settanta.
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si conclude offrendo dei collegamenti tra le storie del passato raccolte in queste pagine con le condizioni del nostro presente.
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Crediamo infatti che riattivare alcune delle storie, delle tecniche e degli immaginari nati dalle lotte per la salute che si sono svolte in Italia negli anni Sessanta e Settanta possa essere un esercizio utile nel nostro presente, all'indomani del Covid-19, un evento pandemico che ha avuto un numero di morti che sarebbe stato, è bene ricordarlo, in gran parte prevenibile. Ragionare sulle lotte che per prime hanno ottenuto un sistema sanitario pubblico nel nostro paese può aiutarci in questa fase ad affinare le nostre richieste per il futuro.
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**La storia da cui partiamo: Lebole, 1964 circa**
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Nel 1964, la manodopera interamente femminile dell'azienda di abbigliamento Lebole di Arezzo, in Toscana, fu tra le prime in Italia a sperimentare la trasformazione del proprio metodo di lavoro secondo gli insegnamenti dell'MTM (Methods-Time Measurement), una nuova tecnica di analisi e organizzazione del lavoro a catena importata dagli Stati Uniti. Nell'arco di meno di un decennio, queste donne, molte delle quali erano state sarte professioniste prima di entrare in fabbrica, sono passate da un'organizzazione semi-artigianale del lavoro, a una segmentazione progressivamente più frammentata dei compiti, fino a una performance ripetitiva completamente pianificata e con ritmi forsennati. Con l'introduzione del metodo MTM, i loro movimenti sono stati misurati e analizzati minuziosamente da un team di esperti, che hanno poi "coreografato" l'esecuzione di ogni singolo micromovimento in un modo nuovo, che fa risparmiare tempo. In breve, le lavoratrici dovettero imparare a comportarsi come ROBOT.
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L'impatto del nuovo metodo MTM sulle condizioni di salute delle Leboline (questo era il soprannome delle operaie) fu enorme. Molte sperimentarono svenimenti, esaurimenti nervosi e altri sintomi di logoramento psicofisico, condizioni che i medici di fabbrica cercarono di curare con cicli di iniezioni di "vitamine". Una di queste donne scelse anche di togliersi la vita, molte furono costrette a frequenti assenze per malattia.
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Il confronto con il MTM portò le Leboline a diventare una forza incredibilmente attiva nelle lotte politiche degli anni Sessanta e Settanta. Non solo rifiutarono la nuova violenza tecnica del metodo, insistendo su ritmi più lenti e pause più frequenti, ma lottarono anche all’interno dei sindacati e del partito comunista per il riconoscimento del loro specifico lavoro di donne, impegnandosi, ad esempio, in battaglie per ottenere gli asili comunali.
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All'inizio degli anni Sessanta l'organizzazione politica era vietata durante l'orario di lavoro. Le Leboline perciò iniziarono ad organizzarsi politicamente come potevano, inventandosi una serie di tecniche astute per riuscire a coordinarsi tra di loro, attraverso un infinito passaparola fuori dai cancelli della fabbrica, sull'autobus per andare al lavoro e durante i pochissimi momenti di riposo. In particolare, i messaggi importanti venivano comunicati a staffetta durante le visite al bagno, una pratica denominata "Radio Gabinetto". Inoltre, le Leboline rilanciarono l'uso della tecnica della contrafacta, modificando i testi di canzoni sia tradizionali che pop, per trasmettere i loro messaggi politici cantando al lavoro e nei comizi.
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Trovare la propria voce e lottare per mantenerla fu qundi più di una metafora per le Leboline: con amara ironia, tra le tante battaglie per la salute portate avanti da queste donne, ce ne fu una contro l'uso indiscriminato della formaldeide, un composto chimico largamente usato per aumentare la percepita consistenza dei tessuti, ma che ha un impatto dannosissimo proprio su gola e corde vocali.
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Sviluppando una propria forma di produzione musicale, le operaie della Lebole intervenivano sui ritmi da pazzia che segnavano la loro esperienza in fabbrica, per comporre altri ritmi e orizzonti politici più contro-egemonici, più giocosi e poetici, ricomponevano se stesse fino a diventare una formazione iconica all'interno delle lotte politiche che segnarono il "lungo 1968" italiano.
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**Il Fondo Luigi Firrao presso la Fondazione ISEC**
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Abbiamo incontrato per la prima volta la storia delle operaie della Lebole durante la nostra residenza di ricerca presso l'archivio della Fondazione ISEC a Sesto San Giovanni. La loro storia ci è stata "raccontata" da Luigi Firrao, che l'ha seguita meticolosamente per diversi anni. A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, Firrao ha condotto una serie di interviste con le Leboline, chiacchierando con alcune di loro di politica e sindacato, salute e MTM, e trascrivendo i potenti testi dei loro cori politici. Ha inoltre scritto diversi articoli di giornale per denunciare la violenza nascosta delle nuove tecniche di management che si stavano insinuando silenziosamente nelle fabbriche italiane fin dai primi anni Sessanta. Firrao ci ha lasciato anche un'eccezionale raccolta di articoli e reportages sul tema dell’ MTM e del suo impatto sulla vita dei lavoratori.
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Luigi Firrao è nato a Roma nel 1927 ed è morto nel 1975. Nel 1944 aderisce al Partito d'Azione e nel 1946 diventa membro del Partito Comunista Italiano (PCI). Tra il 1948 e il 1953, il PCI lo inviò a Viterbo per organizzare le lotte dei lavoratori agricoli, attività che lo portò all'arresto e a diverse condanne.
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Fu poi assunto dalla Misal, un'azienda che produceva macchine utensili. All'interno della Misal, nonostante le sue idee politiche, riuscì a fare una notevole carriera e ad assumere una posizione dirigenziale. Nel corso degli anni Sessanta, Firrao si interessò a diverse questioni legate al suo ruolo di dirigente, in particolare al tema dell'organizzazione del lavoro e, parallelamente, a quello delle condizioni di lavoro nell'industria.
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Insieme a Giulia D'Angelo, sua compagna di vita dal 1962, svolge ricerche sulla cultura popolare, collaborando con il "Nuovo Canzoniere Italiano", con Nuova Scena, Nanni Ricordi, Gianni Bosio, Dario Fo e Franca Rame. Nel 1963-64, Luigi e la moglie collaborano con l'ARCI (rete nazionale dei circoli ricreativi) per organizzare "comizi cantati" (discorsi politici cantati anziché parlati) e a Roma allestiscono uno spettacolo di cantastorie siciliani con Ignazio Buttitta, Otello Profazio, Vito Santangelo e Ciccio Busacca. Nel 1965, Luigi e Giulia organizzano il primo cabaret politico italiano, "l'Armadio", con sede a Roma in via La Spezia, nel quartiere San Giovanni.
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Nel 1969, dopo aver preso pubblicamente posizione a favore del movimento studentesco, viene espulso dal partito e aderisce con la moglie al movimento del "Manifesto". Dal 1968-69 fino alla sua morte, insieme a Giulia, si occupò dell'organizzazione capitalistica del lavoro, intervistando numerosi lavoratori e lavoratrici. Firrao organizzò poi una serie di conferenze sull'argomento all'Università di Roma.
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(L’ultima sezione relativa a Luigi Firrao è presa in prestito da [_Luigi Firrao, un uomo dai molti talenti nelle carte del suo archivio_](https://archivio.fondazioneisec.it/percorsi/luigi-firrao-un-uomo-poliedrico-nelle-carte-del-suo-archivio), di Alberto De Cristofaro).
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**Chi siamo**
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Maddalena Fragnito e Valeria Graziano collaborano per la prima volta nel contesto della ricerca [Rebelling with Care. Esplorare le tecnologie aperte per rendere comune l'assistenza sanitaria](http://wemake.cc/digitalsocial/cure-ribelli/) (2019). Un anno dopo sono coinvolte nella stesura del [Pirate Care Syllabus]( https://pirate.care/) e in [Flatten the curve, grow the care!](https://syllabus.pirate.care/topic/coronanotes/), un progetto nato con lo scoppio della pandemia (2020). Con il supporto di Memory of the World, nel 2021 hanno digitalizzato la collana di libri [Medicina e potere](http://medicinapotere.memoryoftheworld.org/#), curata negli anni Settanta da Giulio Maccacaro per l'editore Feltrinelli. Attualmente condividono la residenza d'artista Matrice Lavoro (a cura di Base Milano e Fondazione ISEC), che ha permesso loro di scavare negli archivi della fondazione ISEC alla ricerca delle storie dimenticate legate alle lotte operaie per la salute in Italia (2022).
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# [Printable PDF VERSION here](/print/publication/)
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