From 6509156994f3640e1bd9069a6155574f2e493481 Mon Sep 17 00:00:00 2001 From: Valeria Graziano Date: Fri, 2 Dec 2022 03:33:59 -0800 Subject: [PATCH] !publish! --- content/section/whoarethesewomen.md | 45 +++++++++++++++++++++++++++++ 1 file changed, 45 insertions(+) diff --git a/content/section/whoarethesewomen.md b/content/section/whoarethesewomen.md index 43468c6..addea90 100644 --- a/content/section/whoarethesewomen.md +++ b/content/section/whoarethesewomen.md @@ -39,3 +39,48 @@ In Seveso, Laura Conti’s work focused, among other things, on helping pregnant # Let's talk about women, by Franca Rame and Dario Fo (1977) In 1977, Franca Rame and Dario Fo, a couple of Italian dramagurgs and actors, stage for the first time the play in five one-acts _Parliamo di donne_ (Let's talk about women). The third act, entitled 'Il pupazzo giapponese' (The Japanese puppet, jokingly deals with the rhythms of chainwork in factories and the psychological impact that such exploitation causes on the workforce - especially on women workers. The latter are forced to constantly take tranquillisers to maintain a minimum of efficiency carrying out exasperating tasks and to withstand the management's abuse. In the plot, one of the female workers, by dint of tranquillisers, has reduced herself to a form of insanity, for which she is teased by her colleagues. Their joke is to make her believe that in Japanese factories, in order to allow the employees to vent their repressed anger, there is a puppet with a silhouette identical to that of the manager; and that this puppet can be attacked whenever the anger reaches the limit of endurance. Faced with the girl's amazement, her colleagues assure her that this system, already popular in Japan, will soon be made available in Italian factories as well. As chance would have it, the manager, while attempting to repair a faulty piece of machinery, is temporarely paralysed by an electric shock, and so he is placed in an armchair while waiting for the doctor to arrive. As the other workers leave, the girl, seeing the manager in this frozen condition, mistakes him for the famous Japanese puppet and takes out her restrained rage on him. + +# Versione in ITALIANO: Chi sono queste? + +**Il patriarcato** + +Questa sezione raccoglie documenti, frammenti e approfondimenti che evidenziano l'importanza di portare una prospettiva di genere nell'analisi dell'intersezione tra l'automazione del processo produttivo e la storia delle lotte di emancipazione delle donne. + + +![](static/images/chi_si_credono.jpg) + +**La storia da cui partiamo: Chi sono queste donne?** + +Mentre le lavoratrici alzavano la voce denunciando i livelli disumani di stanchezza, provocati dai nuovi livelli di produttività richiesti da MTM, i dirigenti della Lebole cercavano di minimizzare la crisi sanitaria in atto (che avrebbe provocato assenze tra il 17% e il 24% delle lavoratrici). Cercando di scaricare la colpa su altri fattori che incidevano sulla vita della loro forza lavoro (quasi) interamente femminile, composta da circa 3.000 donne, sostenevano che nevrosi e reazioni isteriche non erano dovute allo stress e ai carichi di lavoro eccessivi, ma al fatto che molte operaie erano anche madri e coniugi con doveri domestici che andavano oltre l'orario di lavoro in fabbrica. + +Questa tipo di argomentazioni non fu l'unico fronte su cui le Leboline dovettero intervenire per sfidare i pregiudizi misogini e patriarcali rispetto al loro ruolo di donne. Anche all'interno dei sindacati e del partito comunista le Leboline erano sí ammirate per la loro grinta, ma allo stesso tempo erano viste con sospetto, come un'anomalia da tenere sotto controllo. + +E così capitava che, in occasione di incontri politici, esse venissero accolte con un sogghigno: "Ecco che arrivano quelle della Lebole...ma chi si credono di essere?". + +Questi gruppi di donne e ragazze esuberanti si presentavano ai raduni politici vestite alla moda (molte erano abili sarte e seguivano le ultime tendenze), protestando a gran voce. Sempre sull'orlo di uno sciopero selvaggio, erano capaci di bloccare le strade di Arezzo mettendo in ginocchio la città, truccandosi e sfoggiando anche tagli di capelli e accessori che ora potevano permettersi grazie agli stipendi guadagnati con fatica. I loro atteggiamenti e i loro look sfidavano le opinioni ufficiali del partito comunista, la cui immagine della "nuova donna" era quella di una lavoratrice e madre modello, rispettabile ed efficiente nel gestire tutte le sue responsabilità. Contro questa visione limitata, negli stessi anni il movimento femminista in ascesa cominciava a far sentire il proprio malcontento. + +![](static/images/Leboline_1.jpg) + +![](static/images/Leboline_2.jpg) + +Molte tra le operaie della Lebole sono diventate esperte sindacaliste e furono membri importanti del partito comunista, contribuendo spesso alle discussioni su questioni che avevano un impatto soprattutto sulla vita delle donne della classe operaia. Nel libro Quelle della Lebole. Frammenti di fabbrica tra interni ed esterni, ad esempio, Patrizia Gabrielli sottolinea come le Leboline diedero vita a importanti mobilitazioni per chiedere al Comune di Arezzo l'apertura di asili per i loro figli. + +Al di là dei diversi temi affrontati in determinate battaglie, il modo in cui le Leboline praticarono la politica come continuazione delle loro amicizie private rimane un elemento importante di cui tenere conto per una lettura di genere. La socialità interstiziale che queste donne trovavano in fabbrica fu, anche e nonostate tutto, una fonte inedita di piacere politico, che rompeva con la solitudine della vita domestica. Le feste di compleanno e i pettegolezzi sulle relazioni dunque si intrecciano spontaneamente con iniziative di solidarietà con altre fabbriche e con gli scioperi spontanei che costellarono quegli anni. + + +**Le battaglie ecofemministe di Laura Conti** + +I nessi tra rivendicazioni di genere, per la salute e per l’ambiente dell’Italia del secondo dopoguerra si intersecano anche nella bibliografia e nell’opera di una delle protagoniste politiche di quella stagione, Laura Conti. + +Il 10 luglio 1976 si verificò un incidente nello stabilimento ICMESA di Meda, oggi ricordato come la "tragedia di Seveso". L'incidente provocò l'emissione e la dispersione di una nube velenosa di diossina TCDD, una delle sostanze chimiche di sintesi più pericolose, sui comuni circostanti della Bassa Brianza, in particolare Seveso. Il medico attivista Laura Conti si reca a Seveso per seguire gli sviluppi della popolazione colpita. Nel suo lavoro, Conti denunciò i rischi per l'ambiente derivanti dagli incidenti legati alle attività industriali, dando forma alla cosiddetta "Direttiva Seveso" (Direttiva 82/501/CEE), la legge europea per la prevenzione di tali incidenti stabilendo i parametri di controllo per gli oltre 12.000 stabilimenti industriali dell'Unione Europea in cui vengono utilizzate o stoccate sostanze pericolose in grandi quantità, principalmente nell'industria chimica e petrolchimica. + +Laura Conti, nata a Udine nel 1921 e morta a Milano nel 1993, fu membro della Resistenza antifascista. Fu detenuta in un campo nell'agosto del 1944. Successivamente liberata, nel 1949 si laureò in medicina. Già in una tesi del secondo anno di università Laura Conti si occupò di Ramazzini, il medico del XVII secolo (caro anche a Ivar Oddone) considerato il fondatore della medicina del lavoro.Tutta la sua opera di scienziata, di attivista e di scrittitre difatti si dedicò alla protezione dei lavoratori e dell'ambiente dalla logica tossica dell'accumulazione del capitale. Conti ha scritto 26 libri, ha fondato Legambiente e ha guidato le mobilitazioni dei movimenti ambientalisti e femministi per la chiusura di tutte le centrali nucleari in Italia dopo l'esplosione del quarto reattore della centrale di Chernobyl nell'aprile 1986. + +A Seveso, il lavoro di Laura Conti si concentrò, tra l'altro, nell'aiutare le donne incinte a ottenere un aborto sicuro, poiché la diossina provoca malformazioni nel feto. All'epoca, l'interruzione di gravidanza era ancora una possibilità solo in caso di malformazioni. La tragedia di Seveso e il lavoro di Laura Conti contribuirono a dare vita a una dura conversazione sull'aborto terapeutico e, più in generale, sull'idea che l'interruzione della gravidanza possa essere una libera decisione della donna. L'Italia impiegò poi altri due anni, per approvare una legge in materia nel 1978. + +**Parliamo di donne, di Franca Rame e Dario Fo (1977)** + +Nel 1977, Franca Rame e Dario Fo, coppia di drammaturghi e attori italiani, misero in scena per la prima volta la commedia in cinque atti unici Parliamo di donne. Il terzo atto, intitolato "Il pupazzo giapponese", tratta scherzosamente dei ritmi del lavoro a catena nelle fabbriche e dell'impatto psicologico che tale sfruttamento provoca sulla forza lavoro - soprattutto sulle operaie donne. Queste ultime sono costrette ad assumere costantemente tranquillanti per mantenere un minimo di efficienza nello svolgimento di mansioni esasperanti e per sopportare i soprusi della direzione. Nella trama, una delle lavoratrici, a forza di tranquillanti, ha sviluppato una forma di follia, per la quale viene presa in giro dai colleghi. Il loro scherzo consiste nel farle credere che nelle fabbriche giapponesi, per permettere ai dipendenti di sfogare la propria rabbia repressa, esiste un pupazzo con una sagoma identica a quella del dirigente; e che questo pupazzo può essere attaccato ogni volta che la rabbia raggiunge il limite della sopportazione. Di fronte allo stupore della ragazza, i colleghi le assicurano che questo sistema, già diffuso in Giappone, sarà presto disponibile anche nelle fabbriche italiane. Il caso vuole che il direttore, mentre tenta di riparare un macchinario difettoso, rimanga temporaneamente paralizzato da una scossa elettrica, per cui viene fatto accomodare su una poltrona in attesa dell'arrivo del medico. Mentre gli altri operai se ne vanno, la ragazza, vedendo il direttore in queste condizioni di congelamento, lo scambia per il famoso pupazzo giapponese e sfoga su di lui la propria rabbia troppo a lungo repressa. + + +