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@ -79,3 +79,90 @@ The 150 hours were also a powerful context for feminist organizng, and some of t
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_Women University 150 hourse course in Milan_
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_Women University 150 hourse course in Milan_
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# Versione in ITALIANO: Radio Gabinetto
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**Inventare nuove forme di lotta e controistituzioni**
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Questa sezione raccoglie documenti, frammenti e approfondimenti sulle molte tecniche di organizzazione originali e innnovative che hanno accompagnato l'ascesa delle lotte per la salute negli anni Sessanta e Settanta.
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**La storia da cui partiamo: Radio Gabinetto**
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Negli anni Sessanta e Settanta, le operaie della fabbrica tessile Lebole si riunivano nei bagni del loro stabilimento per condividere i loro problemi, organizzare assemblee e scioperi e comporre canzoni politiche pop da cantare alla catena di montaggio e nelle manifestazioni. Questo spazio e tempo di cospirazione fu soprannominato Radio Gabinetto.
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**Contrafacta**
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La pratica della *contrafacta*, diffusa nella tradizione poetica europea, è all'origine di molte canzoni e lotte popolari conosciute ancora oggi. La tecnica consiste nel cambiare il testo di vecchie canzoni lasciando invariate le melodie. Friedrich Gennrich scrive che "nella storia della canzone, la contraffazione è un fenomeno antico quasi quanto la canzone stessa" (1965). Nei bagni delle Lebole, le operaie sperimentarono questa tecnica su un nuovo repertorio di successi pop, ovvero le canzoni che circolavano in quel momento nei principali festival della canzone italiana come Sanremo e Canzonissima. Attraverso questo particolare uso della tecnica della contrafacta, le Leboline trovarono un modo per rompere i molti e diversi silenzi da cui si trovavano circondate, per far conoscere le loro lotte e rafforzare allo stesso tempo la loro unione.
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**Istruzioni al sosia**
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Come abbiamo già accennato nella sezione sulla nocività, L'ambiente di lavoro (1967) è stato uno strumento per sindacalisti e per gli operai che serví a comprendere i rischi a cui il lavoro li esponeva. L'opuscolo metteva al centro la nocività, suddivisa in 4 gruppi di fattori di rischio: condizioni ambientali, esposizione a sostanze tossiche, fatica fisica e carico psicologico.
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L’identificazione di questi quattro fattori di nocività resero più semplice la discussione sulle condizioni di salute. La classificazione proposta era di immediata comprensione perché basata sull'esperienze dei lavoratori, raccolte attraverso un innovativo metodo di traduzione politica.
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Il personaggio che coordinò la stesura di L'ambiente di lavoro era un medico torinese, un ex partigiano di nome Ivar Oddone, che iniziò con il voler capire meglio cosa succedeva alla FIAT, la principale fabbrica della sua città. Cosa rendeva tanti operai malati o soggetti a incidenti? Come esterno, Oddone non poteva entrare, e quando cercava di parlare con gli operai ai cancelli della fabbrica, si redenva conto che parlavano due lingue diverse... Come ci ha raccontato Gianni Marchetto, uno degli ex operai FIAT che abbiamo intervistato,
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>Oddone non riusciva a farsi capire, e a sua volta non capiva molto nemmeno noi operai... Non ne capiva nulla del processo produttivo, dei nomi degli strumenti e delle operazioni. Allo stesso modo, noialtri non avevamo idea del linguaggio tecnico usato da lui come medico, anche se era ben intenzionato...
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La soluzione di Oddone fu quella di proporre a un gruppo di quindici operai un esperimento con quella che divenne nota come "la tecnica delle istruzioni al sosia" - in cui si chiedeva all'operaio:
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"Dammi tutte le informazioni che mi permetterebbero di sostituirti senza che nessuno se ne accorga.
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Come inizia la tua giornata? Cosa mangi per colazione, se fai colazione, come arrivi al lavoro, sei spesso in ritardo o puntuale? ecc..."
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Ogni volta che la narrazione deviava dalla descrizione delle minuzie della vita quotidiana, il narratore veniva interrotto e gli veniva chiesto di tornare a dare istruzioni "come si fa quando si insegna a guidare a un altro".
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Seguendo una formula che non è infondo troppo distante dalle tecniche di autocoscienza che il movimento femminista stava mettendo a punto negli stessi anni, la tecnica delle istruzioni al sosia permise agli operai coivolti di rendere conto della loro esperienza quotidiana, che nei dialoghi veniva mappata attraverso 4 relazioni chiave:
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- con la macchina e con le mansioni richieste
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- con le gerarchie, ovvero dirigenti, caporeparto e cronometristi
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- con i compagni, ovvero i colleghi e altri pari grado
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- con le organizzazioni politiche, ovvero il partito e il sindacato.
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Infine, un aspetto chiave delle istruzioni al sosia era che questi racconti venivano condivisi all’interno di interviste di gruppo in cui erano coinvolto altri compagni nella stessa situazione, per cui gli elementi di nocività che apparivano in diverse esperienze diventavano evidenti come problemi strutturali e diventavamo le basi per lotte e rivendicazioni politiche collettive.
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Le istruzioni al sosia di quattro operai FIAT furono successivamente pubblicate in: Ivar Oddone, Alessandra Re, Gianni Briante (a cura di) *Esperienza operaia, coscienza di classe e psicologia del lavoro*, Torino: Einaudi, 1977.
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**Le 150 ore**
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Ivar Oddone poté sperimentare la tecnica delle istruzioni al sosia insieme a un gruppo di operai FIAT grazie a uno specifico istituto pedagogico allora appena introdotto: le cosiddette 150 ore, che riteniamo valga la pena di ricodare più in dettaglio qui di seguito, per cogliere l'inventiva e la concretezza delle rivendicazioni politiche di quegli anni.
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Nel 1973, il sindacato italiano dei metalmeccanici riuscì a ottenere un meccanismo senza precedenti per il diritto allo studio come parte del rinnovato contratto nazionale. Soprannominato "le 150 ore", questo nuovo istituto contrattuale garantiva ai dipendenti un numero massimo di ore di permesso retribuito (che dovevano corrispondere a un pari numero di ore impegnate liberamente dal lavoratore, in modo che i corsi avessero una durata totale minima di 300 ore) da utilizzare per progetti e attività riguardanti la loro formazione personale.
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Questo nuovo diritto pedagogico era concepito in modo molto diverso dalla “life long learning” oggi predominante, che inquadra l'apprendimento come un continuo riadattamento del lavoratore alle esigenze - reali o presunte - del mercato del lavoro. Per i corsi di 150 ore, la gestione e la pianificazione delle attività erano sotto il pieno controllo dei sindacati, delle autorità pubbliche e locali, dei ministeri, delle scuole e delle università. Subito dopo la loro introduzione, nel 1973, le "150 ore per il diritto allo studio" furono estese a un gran numero di altre categorie professionali ed esplosero fino a diventare un fenomeno sociale trasversale.
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La maggior parte dei corsi inizialmente attivati era orientata ad aiutare i lavoratori e le lavoratrici a completare una formazione primaria. Tuttavia, vennero create anche molte iniziative più sperimentali e alcune svilupparono approcci pedagogici e aree tematiche inedite, come appunto le istruzioni al sosia che Ivar Oddone utilizzò nel suo corso presso la neonata Facoltà di Medicina del Lavoro di Torino. In molti di questi corsi, la trasmissione di conoscenze tecniche e scientifiche si intrecciò con metodi più creativi e biografici, poiché l'intento era quello di apprendere competenze utili per la vita quotidiana. Ad esempio, l'insegnamento dell'aritmetica e della contabilità poteva iniziare con l'apprendimento della corretta lettura delle buste paga, dei grafici e delle percentuali, dei meccanismi di cottimo e di tassazione.
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Le 150 ore furono anche un potente contesto per l'organizzazione femminista, e alcune di esse portarono alla creazione di Università delle Donne permanenti. Per maggiori informazioni sull'uso femminista delle 150 ore, si rimanda al sito dell' [Università delle Donne di Milano website](http://www.universitadelledonne.it/le_150_ore.htm)
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_Women University 150 hourse course in Milan_
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