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title = "A two civilizations"
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> Migration and climate change are hot topics generating widespread concerns and fears in European public opinion. However, a striking difference between them is the ‘efficacy’ of the fears that surround the two topics. For migration, the spectre of a looming invasion and similar narratives translate into immense impacts and a securitisation of the matter. For climate change, growing awareness over the prospect of a climate emergency only sporadically translates into urgent action. This article engages with this remarkable difference of great political relevance. While analyses of fear and securitisation of migration and climate have privileged inter-state politics and international discourses, here we investigate how fear is produced, mobilised, and contested in sub-national political arenas. Rather than on a spectacular case (as Lampedusa or a Pacific Island) we focus on Sardinia, an ordinary region that, for both climate change and migration, is not under the spotlight – there are no melting glaciers nor climate refugees. Drawing on focus groups and interviews with Sardinian local authorities, we detail how mayors and municipality feel on the frontline against both climate change and migration. However, rather than as security issues, both emerge tangled with questions such as austerity, spopolamento(depopulation), economic decline, and rural-urban dynamics. But while fears over migration translate into strong citizen pressure mayors feel compelled to react to, concerns about climate change instead lead to a sort of fatalism or deferral. We conclude the paper with reflections on the implications that this important difference has for broader debates on climate and migration.
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> Non può essere lo Stato, avevo detto, a risolvere la questione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non è altro che problema dello Stato. Fra lo statalismo fascista, lo statalismo liberale, lo statalismo socialistico, e tutte quelle altra future forme di statalismo che in un paese piccolo-borghese come il nostro cercheranno di sorgere, e l’antistatalismo dei contadini, c’è, e ci sarà sempre, un abisso; e si potrà cercare di colmarlo soltanto quando riusciremo a creare una forma di Stato di cui anche i contadini si sentano parte. Le opere pubbliche, le bonifiche, sono ottime cose, ma non risolvono il problema. La colonizzazione interna potrà avere dei discreti frutti materiali, ma tutta l’Italia, non solo il mezzogiorno, diventerebbe una colonia. I piani centralizzati possono portare grandi risultati pratici, ma sotto qualunque segno resterebbero due Italie ostili. Il problema di cui parliamo è molto più complesso di quanto pensiate. Ha tre diversi aspetti, che sono le tre facce di una sola realtà, e che non possono essere intese né risolte separatamente. Siamo anzitutto di fronte al coesistere di due civiltà diversissime, nessuna delle quali è in grado di assimilare l’altra. Campagna e città, civiltà precristiana e civiltà non più cristiana, stanno di fronte; e finché la seconda continuerà ad imporre alla prima la sua teocrazia statale, il dissidio continuerà. La guerra attuale, e quelle che verranno, sono in gran parte il risultato questo dissidio secolare, giunto ora alla sua più intensa acutezza, e non soltanto in Italia. La civiltà contadina sarà sempre vinta, ma non si lascerà mai schiacciare del tutto, si conserverà sotto i veli della pazienza, per esplodere di tratto in tratto; e la crisi mortale si perpetuerà. Il brigantaggio, guerra contadina, ne è prova: e quello del secolo scorso non sarà l’ultimo. Finché Roma governerà Matera, Matera sarà anarchica e disperata, e Roma disperata e tirannica. Il secondo aspetto del problema è quello economico: è il problema della miseria. - Carlo Levi
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from "Cristo Si Fermato A Eboli"
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