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title="Anna Maria Ortese"
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 (June 14, 1914 – March 10, 1998) was an Italian author of novels, short stories, poetry, and travel writing. Born in Rome, she grew up between southern Italy and Tripoli, with her formal education ending at age thirteen. Her first book, *Angelici dolori*, was issued in 1937. In 1953 her third collection, *Il mare non bagna Napoli*, won the coveted Viareggio Prize; thereafter, Ortese's stories, novels, and journalism received many of the most distinguished Italian literary awards, including the Strega and the Fiuggi. Although she lived for many years in Naples following the Second World War, she also resided in Milan, in Rome, and for most of the last twenty years of her life in Rapallo. *L'iguana*, Ortese’s best known work in English translation, was published in 1987 as *The Iguana*.
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title="Laboratorio Crash!"
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 è un’esperienza politica nata a Bologna dopo il G8 di Genova del 2001, consolidatasi negli anni successivi all’interno di una dura battaglia contro l’amministrazione cittadina di Sergio Cofferati, condotta attraverso lotte sociali e numerose occupazioni.
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Crash! fa parte del network Infoaut, e negli anni Dieci è stato un percorso protagonista e crocevia di autogestione e conflitti sociali, dal mondo studentesco agli scioperi nella logistica, dalle lotte ambientali a quelle per il diritto all’abitare.
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Sempre all’insegna della sperimentazione eretica di una pratica dell’autonomia e dell’antifascismo, della produzione di cultura antagonista e di processi di inchiesta
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metropolitana e con-ricerca.
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title="Murray Bookchin"
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 (January 14, 1921 – July 30, 2006) was an American communalist, political philosopher, trade-union organizer, and educator. A pioneer in the environmental movement, Bookchin formulated and developed the theory of social ecology and urban planning, within anarchist, libertarian socialist, and ecological thought. He was the author of two dozen books covering topics in politics, philosophy, history, urban affairs, and social ecology. Among the most important were *Our Synthetic Environment* (1962), *Post-Scarcity Anarchism* (1971), *The Ecology of Freedom* (1982) and *Urbanization Without Cities* (1987). In the late 1990s, he became disenchanted with what he saw as an increasingly apolitical "lifestylism" of the contemporary anarchist movement, stopped referring to himself as an anarchist, and founded his own libertarian socialist ideology called communalism, which seeks to reconcile Marxist and anarchist thought.
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Bookchin was a prominent anti-capitalist and advocate of social decentralization along ecological and democratic lines. His ideas have influenced social movements since the 1960s, including the New Left, the anti-nuclear movement, the anti-globalization movement, Occupy Wall Street, and more recently, the democratic confederalism of Rojava. He was a central figure in the American green movement and the Burlington Greens.
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title="Tomasso Palmi"
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Tomasso Palmi è laureato in Scienze Politiche e laureando in Geografia e processi territoriali all’Università di Bologna, fa parte del collettivo Hobo e della redazione di Commonware.
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> Nell'epoca contemporanea, cioè quella dell'Antropocene, assistiamo a continui conflitti tra amici e nemici della terra: oggi si aspira a «nuovi tribunali e nuovi contratti tra uomo e natura, tra generazioni e nazioni, tra cittadini e Stato». Per un momento tutto ciò ha avuto la parvenza di essere possibile, ovvero quando vennero fondate ufficialmente le prime organizzazioni che si muovevano in difesa dei diritti del mondo e dei suoi abitanti: le ONG (Organizzazioni Non Governative), associazioni che, anche in epoca recente, hanno giocato un ruolo importante per l’attivismo a livello globale. Tuttavia, alcuni tra gli enti divenuti più importanti, come Greenpeace o Amnesty International, completamente asserviti ai mass media, sono gli stessi che, spesso, vengono meno ai diritti e doveri per cui dicono di battersi. Per questi motivi, i cittadini del pianeta hanno iniziato a creare nuove forme di organizzazione volte a preservare i propri diritti in modo autonomo. «Sulla scia della città globale e della governance globale stiamo ora assistendo a una nuova fonte di azione sociale incentrata sui cittadini globali» -
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from Preface, in Global Activism. Art and Conflict in the 21st Century, ZKM Center for Art and Media Karlsruhe and Cambridge and London, The MIT Press, Cambridge, pp. 24-25.
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from Preface, in *Global Activism. Art and Conflict in the 21st Century*, ZKM Center for Art and Media Karlsruhe and Cambridge and London, The MIT Press, Cambridge, 2015, pp. 24-25.
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title="Capitalismo è razzismo"
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editors=["chiara.md"]
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> Si tratta, in questo senso, di assumere il razzismo come parte integrante della razionalità capitalistica e dello spazio per la sua riproduzione. Non solo perché ha reso possibile il lavoro nelle piantagioni e L’accumulazione che creato le basi materiali per lo sviluppo del capitalismo in Europa, ma soprattutto perché lo stesso sviluppo del capitalismo passa attraverso la storia del colonialismo e della razzializzazione delle popolazioni colonizzate. Da questa prospettiva, si potrebbe dire che non c’è capitalismo senza razzismo. Piuttosto, il capitalismo è per sua stessa costituzione razziale, radicato cioè nelle gerarchie della razza definite alle origini della modernità.
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Pag 34, Decolonizzare l’antirazzismo, per una critica della cattiva coscienza bianca, a cura di , 2020, Derive Approdi.
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title="Caro Antonio"
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Caro ,
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è da un po’ che penso di scriverti questa lettera. Ho letto alcune delle tue, e avrei voluto leggerne di più. Quelle che ho letto si riferiscono ai primi giorni della tua prigionia e al tuo confino sull’isola di Ustica.
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Mi sono chiesta come ti sentissi in questi momenti del tuo primo distacco dal mondo libero. Parli di un presagio che ti ha fatto sentire che questa tempesta stesse arrivando. Scrivi anche delle tue preoccupazioni per i tuoi figli e non oso immaginare come potesse essere non sapere cosa sarebbe successo a loro. Il formato della tua scrittura sotto forma di lettere, dove le riflessioni politiche si mischiano alla tua storia familiare, mostra con forza come le tue scelte abbiano impattato fino al tuo più intimo.
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Ho trovato paradossale che proprio dal confino sull’isola di Ustica sia nato il tuo progetto per una scuola proletaria, e che poi nell’isolamento della prigionia tu abbia continuato a lavorare su un pensiero politico legato allo stare insieme, cioè al mondo esterno. La parola “isolamento” deriva proprio dal termine isola. L’isola è, oltre che una realtà geografica con connotati spaziali precisi, uno spazio metaforico separato che può acquisire il significato di “luogo sicuro”. In italiano diciamo “la mia isola di…” qualcosa, per indicare uno spazio di tranquillità. L’isola porta con sé un forte potenziale immaginativo, non solo la marginalità della separazione dalla terra ferma e dalla società terrestre. Anche l’utopia di Moore era un’isola.
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Mi trovo anche io su quella che era un’isola, seppur estremamente vicina alla terra di un’altra isola più grande nel sud italiano. Calasetta è infatti sull’isola di Sant’Antioco, unita oggi alla Sardegna da un istmo. Mentre camminavo vicino alla spiaggia di Sotto Torre due giorni fa, ho visto una casa su un promontorio che si affaccia sul mare. È una costruzione isolata e dalle forme non spigolose, pare come levigata dal mare e forse disabitata. Mi ha fatto pensare alla forma archetipica della casa, la capanna primordiale che offe rifugio attraverso un recinto di muri e una copertura che la chiude. Il recinto della casa è una chiusura che isola uno spazio per abitare, rispondendo ad una necessità primaria. Ho pensato questa costruzione come un possibile luogo immaginario del tuo confino.
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Ti scrivo qui brevemente, ripromettendoti di scriverti ancora e con maggiore cura.
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Ti saluto affettuosamente,
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title="L'effetto della globalizzazione"
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editors=["raytrayen.md"]
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> In seguito al crollo delle ideologie assolute che aveva caratterizzato il XX secolo, dal punto di vista culturale, si individuò la tendenza di fondo del mondo di fine millennio nella cocacolonization, cioè nell’intreccio su scala planetaria di consumi materiali e culturali fino ad allora ritenuti appannaggio esclusivo di una sola civiltà: da merci-simbolo americane come la Coca Cola e McDonald’s, a cibi giapponesi come il sushi o italiani come la pizza e gli spaghetti, alle musiche etniche africane. Tale tendenza ha a lungo termine portato all’unificazione culturale e alla ulteriore depersonificazione della creatività degli individui, lasciando in mano alle grandi aziende multinazionali il libero arbitrio per quanto riguarda le politiche cittadine e, allo stesso tempo, il dominio nel settore del mercato dell’arte e quindi della richiesta del pubblico !-[](autohr:tommasodetti.md)
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> In seguito al crollo delle ideologie assolute che aveva caratterizzato il XX secolo, dal punto di vista culturale, si individuò la tendenza di fondo del mondo di fine millennio nella cocacolonization, cioè nell’intreccio su scala planetaria di consumi materiali e culturali fino ad allora ritenuti appannaggio esclusivo di una sola civiltà: da merci-simbolo americane come la Coca Cola e McDonald’s, a cibi giapponesi come il sushi o italiani come la pizza e gli spaghetti, alle musiche etniche africane. Tale tendenza ha a lungo termine portato all’unificazione culturale e alla ulteriore depersonificazione della creatività degli individui, lasciando in mano alle grandi aziende multinazionali il libero arbitrio per quanto riguarda le politiche cittadine e, allo stesso tempo, il dominio nel settore del mercato dell’arte e quindi della richiesta del pubblico. - 
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from Storia Contemporanea. Il Novecento, vol. 2, Mondadori, Milano, 2006, pp. 213-218, 1a ed. 2002
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title="Presupposti"
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editors=["dario.md"]
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> Ce qui rend les êtres humains unique en comparaison de toutes les formes de vie non-humaine, c'est qu'ils ont un extraordinaire pouvoir de oensée conceptuelle, une communication verbale structurée autour d'un formidable éventail de concepts, le pouvoir considérable d'altérer le monde naturel de manières qui peuvent être complétement destructives ou magnifiquement créatives. - 
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from "Make Rojava Green Again" 2018
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> Penso che dobbiamo acquisire oggi la capacità di sentirci in empatica sintonia non solo con gli altri esseri viventi -animali e vegetali- ma anche con i sistemi ambientali apparentemente "inanimati". Questa capacità si fonda sulla consapevolezza che nella biosfera tutte le entità sono interconnesse nel divenire vita. - 
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from "Compost. Riflessioni sull'ecocentrismo", K-Pocket Guide, Kabul Magazine. 2017.
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editors=["raytrayen.md"]
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title="La discriminazione nella scuola"
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> Come dice  in La scuola in pratica. Prospettive antropologiche sull’educazione, alcune società, partendo dalle loro. scuole, per via della frustrazione dovuta alla difficoltà di cimentarsi con problemi degli alunni di minoranza (e non), la usano per attribuire la responsabilità dei loro insuccessi al contesto socio-culturale dei bambini, deresponsabilizzando così le istituzioni scolastiche. La ricerca sulle cause che penalizzano gli studenti e le studentesse di minoranza nelle condizioni di vita familiari e lavorative dei genitori, oltreché considerare l’individuo «un caso difficile da risolvere», crea una classificazione tra casi più o meno bisognosi; la quale, partendo da una differenza culturale, viene risolta dalla scuola tramite un approccio politically correct. Questo accade nel mondo dell’istruzione come in molti altri ambiti della società, dove non è la condizione di essere studente o studentessa a determinare l’inferiorità quanto la posizione sociale che si ha nella società stessa. Questa gerarchia culturale la si trova per esempio nei carceri, nei centri d’accoglienza o nelle comunità; tutti (non) luoghi dove invece che valorizzare il soggetto, il suo bagaglio culturale e le sue potenzialità, vengono abbandonati a se stessi, nella loro condizione di infeririorità e invece che accogliere aumentano ancora di più il divario tra i soggetti benestanti e quelli di minoranza
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form La scuola in pratica. Prospettive antropologiche sull’educazione, Editpress, Firenze, 2017, 1a ed. 2008
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Come dice  in *La scuola in pratica*:
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> Prospettive antropologiche sull’educazione, alcune società, partendo dalle loro. scuole, per via della frustrazione dovuta alla difficoltà di cimentarsi con problemi degli alunni di minoranza (e non), la usano per attribuire la responsabilità dei loro insuccessi al contesto socio-culturale dei bambini, deresponsabilizzando così le istituzioni scolastiche. La ricerca sulle cause che penalizzano gli studenti e le studentesse di minoranza nelle condizioni di vita familiari e lavorative dei genitori, oltreché considerare l’individuo «un caso difficile da risolvere», crea una classificazione tra casi più o meno bisognosi; la quale, partendo da una differenza culturale, viene risolta dalla scuola tramite un approccio politically correct. Questo accade nel mondo dell’istruzione come in molti altri ambiti della società, dove non è la condizione di essere studente o studentessa a determinare l’inferiorità quanto la posizione sociale che si ha nella società stessa. Questa gerarchia culturale la si trova per esempio nei carceri, nei centri d’accoglienza o nelle comunità; tutti (non) luoghi dove invece che valorizzare il soggetto, il suo bagaglio culturale e le sue potenzialità, vengono abbandonati a se stessi, nella loro condizione di infeririorità e invece che accogliere aumentano ancora di più il divario tra i soggetti benestanti e quelli di minoranza.
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form *La scuola in pratica. Prospettive antropologiche sull’educazione*, Editpress, Firenze, 2017, 1a ed. 2008
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title="The list of all highlights (41-50)"
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has_highlights=["mapping.md", "structure", "streetmap.md", "ivoquaranta.md", "dichiachi.md", "espacelibre.md", "bordometropolitano.md"]
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has_highlights=["mapping.md", "structure", "streetmap.md", "ivoquaranta.md", "dichiachi.md", "espacelibre.md", "bordometropolitano.md", "caroantonio.md", "presupposti.md"]
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# Temporary but useful for editors
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