SpectreOfReflections/content/highlight/caroantonio.md

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title="Caro Antonio"
editors=["nicoletta.md"]
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Caro Antonio,
è da un po che penso di scriverti questa lettera. Ho letto alcune delle tue, e avrei voluto leggerne di più. Quelle che ho letto si riferiscono ai primi giorni della tua prigionia e al tuo confino sullisola di Ustica.
Mi sono chiesta come ti sentissi in questi momenti del tuo primo distacco dal mondo libero. Parli di un presagio che ti ha fatto sentire che questa tempesta stesse arrivando. Scrivi anche delle tue preoccupazioni per i tuoi figli e non oso immaginare come potesse essere non sapere cosa sarebbe successo a loro. Il formato della tua scrittura sotto forma di lettere, dove le riflessioni politiche si mischiano alla tua storia familiare, mostra con forza come le tue scelte abbiano impattato fino al tuo più intimo.
Ho trovato paradossale che proprio dal confino sullisola di Ustica sia nato il tuo progetto per una scuola proletaria, e che poi nellisolamento della prigionia tu abbia continuato a lavorare su un pensiero politico legato allo stare insieme, cioè al mondo esterno. La parola “isolamento” deriva proprio dal termine isola. Lisola è, oltre che una realtà geografica con connotati spaziali precisi, uno spazio metaforico separato che può acquisire il significato di “luogo sicuro”. In italiano diciamo “la mia isola di…” qualcosa, per indicare uno spazio di tranquillità. Lisola porta con sé un forte potenziale immaginativo, non solo la marginalità della separazione dalla terra ferma e dalla società terrestre. Anche lutopia di Moore era unisola.
Mi trovo anche io su quella che era unisola, seppur estremamente vicina alla terra di unaltra isola più grande nel sud italiano. Calasetta è infatti sullisola di SantAntioco, unita oggi alla Sardegna da un istmo. Mentre camminavo vicino alla spiaggia di Sotto Torre due giorni fa, ho visto una casa su un promontorio che si affaccia sul mare. È una costruzione isolata e dalle forme non spigolose, pare come levigata dal mare e forse disabitata. Mi ha fatto pensare alla forma archetipica della casa, la capanna primordiale che offe rifugio attraverso un recinto di muri e una copertura che la chiude. Il recinto della casa è una chiusura che isola uno spazio per abitare, rispondendo ad una necessità primaria. Ho pensato questa costruzione come un possibile luogo immaginario del tuo confino.
Ti scrivo qui brevemente, ripromettendoti di scriverti ancora e con maggiore cura.
Ti saluto affettuosamente,
Nicoletta